Una lucida analisi da parte del Prof. Romolo Vitelli a proposito della riduzione delle vacanze estive per gli studenti.
L’esternazione di Poletti, una risposta sbagliata a un problema vero.
Come al solito il governo Renzi lancia, al di fuori di una visione unitaria di sistema, spot, annunci e provocazioni varie su questioni, che da anni attendono una soluzione. Questa volta è ancora il caso della Scuola. Quando un ministro della Repubblica punta il dito contro un’annosa e tipica stortura italiana, com’è quella della lunghezza delle vacanze estive, dovrebbe avere il buon senso di individuare, oltre al problema, anche la sua possibile soluzione.
L'esternazione del ministro Poletti sulle vacanze estive, invece mette sul piatto della discussione pubblica una questione insieme drammatica e arcinota senza però prospettare alcuna soluzione concreta. Anzi, indica una vaga alternativa, la formazione professionale, che rischia di portare solo sfruttamento delle forze giovanili.
In sostanza il ministro Poletti, con la sua provocatoria esternazione, ha sollevato un vespaio tra gli addetti ai lavori e tra gli studenti, indicando una soluzione sbagliata ad un problema vero e reale, dimostrando che su questa problematica parla a vanvera. Perchè mi esprimo così? Che tre mesi di vacanze dâ'estate siano troppe mentre durante l'anno scolastico siano poche e male distribuite lo sanno tutti i genitori, che hanno figli di qualsiasi età . È un tempo eccessivo, che crea problemi seri a qualsiasi organizzazione familiare dove al massimo i genitori hanno venti giorni di ferie, è evidente che in ciascuna famiglia si ponga ogni anno la questione di come organizzare il tempo rimanente. Il ministro ha detto: ai miei figli d'eestate sono sempre andati per un mese al magazzino generale a spostare le casse della frutta. La soluzione di questo enorme problema sarebbe la possibilità per i giovani di andare a raccogliere un mese l'anno la frutta d'estate o a spostare le cassette di frutta ai magazzini? Non scherziamo. Un ministro non può fare un'affermazione del genere, sapendo che le vere carenze strutturali della scuola pubblica in Italia sono altre. Comunque l'infelice sortita del ministro può essere un'utile opportunità per aprire finalmente, una discussione seria sul calendario scolastico italiano ed anche sul rapporto tra scuole e mondo del lavoro, questioni sulle quali da anni vado scrivendo e parlando. Questo se si vuole adeguare il sistema scolastico italiano agli standard europei. Lâ'economista L. Bini Smaghi, in un articolo del 9 marzo sul Corriere, Gli standard europei che la nostra scuola non sa raggiungere, individua due motivi di arretratezza del nostro sistema: durata del ciclo scolastico (un liceo di 4 anni); vacanze estive troppo lunghe che penalizzano l'apprendimento. Per l'economa di questa riflessione mi occuperò solo del secondo problema, cioè¨ del modo in cui il ciclo scolastico è organizzato nel corso dell'anno.
L'Italia è uno dei paesi che non ha ancora cambiato il suo calendario ed ha un periodo di vacanze estive di circa tre mesi, invece di vacanze più frequenti durante l'anno. Questo fa sì che nel nostro calendario non ci sia un corretto rapporto tra attivitàlavorativa e riposo necessario per riprendere con più lena l'attività educativa. La parola vacanza deriva dal latino: [vacantia], che significa letteralmente mancanza, vuoto, sgombro, libero, senza occupazioni. Una vacanza scolastica quindi dovrebbe essere considerata come un'interruzione della normale attività didattica quotidiana, nella quale lo studente (e si spera anche l'insegnante) libero dalle incombenze di routine, si riposa e ricrea la mente, dedicandosi ad attività senza scopi immediati, in vista di una rigenerazione delle proprie forze al fine di riprendere con più energia e proficuamente le attività scolastiche future. Ed è per questo che in molti paesi non si parla molto di compiti a casa e tanto meno di compiti per le vacanze. Assegnare molti compiti per le vacanze sarebbe una contraddizione in termini, un assurdo logico, ancor prima che pedagogico, giacchè le vacanze sono tali, o dovrebbero esserlo, proprio perchè liberano dagli affanni feriali. Tutto questo non è contemplato dal nostro ordinamento scolastico nè dal calendario. Il motivo invece per cui in Italia le vacanze lunghe si fanno in estate,è perchè abbiamo ancora un calendario scolastico concepito per una società agricolo-industriale, nella quale le scuole chiudevano per lungo tempo perchèi figli dovevano aiutare i genitori nella stagione della semina e del raccolto nei campi. Da almeno 50 anni questa necessità non sussiste più, e i bambini d'estate, a parte i 15-20 giorni di ferie che hanno anche i genitori, passano il tempo con qualche nonno o zia in pensione; i più fortunati all'oratorio; oppure in mezzo alla strada. In una società postmoderna e globalizzata come¨ la nostra attuale, dobbiamo rivedere i programmi ormai in gran parte obsoleti, tranne quelli delle elementari e medie, che conservano ancora delle potenzialità non adeguatamente sfruttate; durata degli studi; rapporti scuola-lavoro; e calendario scolastico. Organizzare in modo più¹ accurato per tutto l'anno con un armonico equilibrio tra attività e riposo le vacanze. È un'esigenza pedagogica e politica. Ricorda a tal proposito il prof. Bini Smaghi: Importanti studi scientifici dimostrano che periodi lunghi di interruzione riducono lâ'efficacia dell'istruzione scolastica. Ad esempio, uno studio del 2007 di Alexander, Entwisle e Olson, della John Hopkins University, intitolato proprio Le conseguenze durature del divario di apprendimento estivo , dimostra, sulla base di una serie di valutazioni empiriche, che il divario educativo tra studenti di diversa estrazione sociale tende a ridursi durante il periodo scolastico, ma aumenta nuovamente nel periodo delle vacanze estive¦ Più lunghe sono le vacanze, meno efficace è la scuola nel dare pari opportunità agli studenti più poveri. La ricerca mostra peraltro che è difficile per i ragazzi mantenere una concentrazione elevata a scuola per un periodo superiore a due mesi. Questo è il motivo per cui nella maggior parte degli altri sistemi educativi europei il trimestre è interrotto a metà da una o due settimane di vacanza, in autunno, inverno e primavera, oltre alle vacanze di Natale e Pasqua. L'Italia non si è invece adeguata.
Il motivo per non cambiare sistema sembrerebbe essere che in Italia fa più caldo ed è difficile tenere i ragazzi in classe a fine giugno e ai primi di settembre. Tuttavia, per i numerosi istituti stranieri che operano in Italia - internazionali, inglesi, francesi, tedeschi o svizzeri [ o come le Scuole europee, compresa quella di Varese ] finiscono l'anno scolastico a fine giugno e cominciano il nuovo ai primi di settembre, con un mese in meno di vacanze estive rispetto all'Italia, il caldo non sembra essere un ostacolo così insormontabile. Come non lo è in altri Paesi europei, inclusi quelli mediterranei. Del resto per regioni come la Sicilia o altre regioni si potrebbero fare calendari ad hoc, come avviene in Germania, non certo però per ragioni climatiche. Certo una migliore ripartizione di giorni di ferie esige una diversa articolazione dei curricula scolastici, esami finali ecc. ma questi non sono problemi irrisolvibili. Ho insegnato per molti anni nella Scuola Europea di Varese negli anni 70/80; avevamo ferie ripartite oculatamente per tutto l'anno con un bell'equilibrio tra attività e riposo; la scuola iniziava alle otto e terminava alle 16,10; il mercoledì si insegnava sino alle 13.00; e il sabato era libero. Gli esami finali, il Bac (baccalaureato, corrispondente al nostro esame di maturità), venivano anticipati; e il 7 luglio la scuola chiudeva per due mesi e riapriva come oggi il 7 settembre. Il ciclo secondario durava quattro anni. Dalla Scuola Europea di Varese, così come dalle altre in Europa, sono usciti brillanti manager, professori universitari, ambasciatori ecc.; non tutti erano figli di professori universitari o di ricercatori del Centro di Ispra, anzi questi non erano la maggioranza. Vorrei dire a Renzi e Poletti che il rapporto scuola - lavoro non si affronta facendo lavoretti estivi; (non perchè unâ'esperienza del genere non possa essere utile a dei ragazzi, negli altri paesi in molti lo fanno) quello che occorre è un apprendistato alla tedesca. Che non è uno stage: perchè, dai 14 ai 17 anni, i giovani tedeschi passano metà del loro tempo lavorando in fabbriche e uffici, imparando non tanto un mestiere, quanto le competenze necessarie nel mondo del lavoro.
Oggi all' Italia occorre un progetto per il Terzo Millennio. Il nostro Paese - dice Abravanel deve formare cittadini che abbiano la capacità di ragionare con la propria testa, avere spirito critico, risolvere problemi e impegnarsi a fondo, innovare e migliorare, comunicare e interagire, soprattutto in team. Una scuola all'altezza delle sfide del Terzo Millennio dovrebbe avere come scopo primario quello di formare non tanto delle teste bene piene, ma quanto ben fatte; una scuola rinnovata dovrebbe insegnare ai propri studenti la capacità di imparare ad apprendere; cioè dovrebbe servire a formare degli autodidatti, persone in grado di aggiornare nel corso degli anni futuri autonomamente il proprio sapere. Queste abilità- aggiunge Abravanel è rappresentano oggi una nuova dimensione del termine«cultura» e sono richieste a gran voce dalle aziende capaci di affrontare le sfide di questo secolo, quelle che offrono la maggior parte dei posti di lavoro. Ma sono utili anche per essere buoni cittadini, elettori, genitori, coniugi e risparmiatori: per questo vengono anche chiamate «competenze della vita».
Romolo Vitelli